Cerca nel sito

 

 

Piccola presentazione della Chiesa di Scanello, attualmente sotto il Comune di Loiano (Bologna) estratta, in originale,  dall'opera:
 "Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna - Ritratte e descitte - Bologna Litografia Marchi e Corty - Tipografia di San Tommaso D'Aquino - 1844"
TOMO III.


san giovanni battista scanello L'ostacolo a rinvenire l'etimo dei nomi egli è appunto la difficoltà del nome stesso, poichè allorquando tu abbia nel tempo multiplicate indagini, in altro ostacolo del nome stesso si perviene.

Donde il nome di Scanello non saprebbesi certamente conoscere, quando non vogliasi credere che sia nome corrotto di "Scandella".

Fra i nomi antiche di Cereali ritrovasi appunto quello di "Scandella" specie non dissimile dall'Avena, dall'Orzo e dalla Spelta; non sarebbe pertanto strana deduzione se dall'essersi un tale cereale in copia nel medio evo introdotto e coltivato in questo distretto a preferenza degli altri, e di qui la semenza sparsa in altre italiane regioni, ne venisse il nome di "Scandello" al luogo, e che questo con facile corruzione si convertisse in "Scanello".

Che se incerta è la derivazione di tale nome, incerta è del pari l'origine del suo Castello uno dei più antichi del territorio Bolognese, conciossiachè altra memoria intorno a questo nome non si abbia, se non se quella del nome "Castellaccio" al sito dove sorgeva.

Certamente fu questo uno di que' tali Castelli e Corti, e tenimenti posseduti dagli antenati della celebre Contessa Matilde Duchi di Toscana nel Bolognese Territorio e che tutti in Lei ricaddero, e di parte dei quali fece essa donazione nel 1078 alla Chiesa Vescovile di Pisa.

Infatti il Vescovo Uberto di Pisa ed Ugo Arciprete col consenso di quei Canonici nel 1135 investirono Malavolta figlio di Ubaldo degli Ubaldini Conti di Lojano della quarta parte del Castello di Scanello e suo territorio, come forse in appresso accadde del restante, attesa la lontananza di tali proprietà da Pisa, e per il costante sistema di quei tempi di usare in tal modo de' Legati alle Chiese.

Come andassero le cose nelli successivi anni di torbidi in Italia, e come venissero Padroni quelli della Famiglia nominata di Scanello, non ci è dato di conoscerlo, come non ci è dato di conoscere se questi vendessero la Signoria di questo Castello al Comune di Bologna, come fece Ubaldino de' Lojani nel 1266 di quelli di Bisano e di lojano, o se fossero essi un ramo della stessa famiglia degli Ubaldini da Lojano.

Certamente quei da Scanello che negli Estimi del 1292 conservati nel pubblico Archivio sono appellati Valvasori e Catanei, e nelle partite degli estimi del 1303 sono chiamati nobili di Contado, vasto cendo s'avevano, ed abitavano nel 1292 in Bologna nel Quartiere di Porta Ravegnana, e possedessero Scanello con suo territorio certamente sino al 1346; poichè alli 16 ottobre di detto anni Don Ugolino da Scanello Canonico di S. Giò in Monte locò un pezzo di terra a certo "Prendiparte" degli Azzi miniatore della Cappella di S. Lorenzo di Porta Stiera, ed a Prendiparte suo figlio abitante in quella di S. Giacomo dei Carbonesi.

Dal vedere poi che nel 1304 gli uomini del Castello di Scanello donarono al Comune di Bologna un Caseggiato entro il medesimo, e che nel 1305, come apparisce da' pubblici Archivii, annoverasi fra luoghi che pagavano omaggio agli Ubaldini ancora Scanello, vuolsi dedurre che Bologna acquistasse su questo luogo il solo alto dominio, e che l'omaggio di cui sopra consistesse in corrisposti Canoni per terra enfiteotiche delle quali detta Famiglia o fosse stata dal Bolognese Consiglio investita o continuassero in essa le anteriori investiture; per cui, come si disse, la cessione fattane a Bologna si restringesse soltanto all'alto dominio.

Che che ne sia però dell'epoca nella quale Bologna un tale dominio acquistò, egli è però certo che avevalo nel 1298; conciossiachè in tale anno avendo gli Eletti sopra la guerra spediti rinforzi di soldati e munizioni da guerra alle Castella a Bologna soggette, spedirono a Scanello venticinque soldati, e dodici Balestre.

E nel 1299 e 1300 ful il medesimo dal Consiglio di Bologna da varie gravezze esentato, a compenso dei danni ricevuti dalle guerre degli anni antecedenti.

E poichè molte volte in queste storie avverrà d'incontrare codesto nome di Balestra, senzachè conoscasi da taluno cosa si fossero, ed a qual uso destinate, così crediamo di doverle descrivere.

Era questo uno Strumento guerresco a lanciare dardo più robusto con maggiore forza, e aggiustamento.

Componevasi di un fusto di legno detto teniere  al quale si addattava un arco di ferro che tendevasi con una leva o martinello, ove non bastasse la sola forza del braccio.

Se ne imbrigliava la corda in un artifizio posto nel punto del teniere dov'essa poteva giungere, ponendo l'arco nella maggior tensione possibile; e ponendosi il teniere alla guancia, sprigionavasi a suo tempo la corda, e l'arco ritornando al suo primero stato, trasportava impetuosamente la freccia al luogo che si era tolto di mira, e ad una distanza che non poteva raggiungersi con qualsiasi altro mezzo.

Serviva in somma di certo qual modo a quell'uso che rapporto al fucile oggi giorno servono le piccole artiglierie.

Nel 1326 fu a detti Castellani imposto dal Consiglio di Bologna di dover concorrere con altri Comuni di quel contorno alle spese delle fortificazioni di Bisano.

Questo Castello però più non esisteva nel 1391 poichè in pubblico documento appunto di quest'anno, si nomina Scanello non Castello ma terra, ossia luogo aperto non circondato da mura o munito di Rocca.

Ed abbenchè non sappiasi nè in quale precisa epoca, ne il come o la causa di sua distruzione, pure non sarebbe lontano dal vero chi giudicasse, che prima del tempo suindicato essendosi alcune prepotenti famiglie insignorite, od occupando da prima molti di questi Castelli, da tali muniti luoghi muovevano a danno de' limitrofi, incendiandone i raccolti, saccheggiandone ogni sostanza, e le tante volte uccidendo, e quindi raccoglievansi in questi Castelli come a sicuri luoghi.

A quali crudelissimi disordini volendo il Consiglio di Bologna porre riparo, altro miglior modo non avvisò di adoperare di quello che snidare questi Tirannucci dal loro covile, colle armi, ed a togliere nuovi pericoli, atterrare li fortilizi che a loro ricovero servivano.

Di tal modo perirono certamente tanti altri castelli specialmente nella parte montana del Bolognese.

Narrato così quanto si è potuto da noi raccogliere in mezzo alla oscurità dei tempi quello che risguarda la Storia civile di Scanello, passiamo alla Storia di sua Chiesa.

Tre Chiese esistevano in Scanello, come si ha dal Campione della Mensa Arcivescovile del 1378, sacre l'una a S. Martino, l'altra a S. Gio. Battista che è l'attual Parrocchiale, e l'ultima a S. Biagio, tutte dipendenti dal "Plebanato di Barbarolo".

Ma in altri due Campioni dell'Archivio stesso che abbracciano notizie de' primi anni del secolo XVI, ritorvasi in uno, che la Chiesa di S. Biagio era stata già unita a quella di S. Gio. Battista, e nell'altro che uguale unione era accaduta rispetto a quella di S. Martino, talchè debbasi ritenere che tutte tre le Chiese si concentrassero, in quella di S. Gio. Battista.

Erronea pertanto vuolsi reputare l'indicazione data in più "Inventarii" presentati dai Parrochi di Scanello in occasione di Visite Pastorali alla loro Chiesa, che la già Parrocchiale di S. Martino di Quinzana fosse riunita all'attuale di S. Gio. Battista dall'Eminentissimo Cardinale Paleotti; conciossiachè nella visita di Monsignor Agostino Zanetti Vescovo Suffraganeo del Cardinale Alessandro Campeggi Vescovo di Bologna delli 6 Settempre 1545 erano già riunite.

E proseguirono li Parrochi a qualificarsi amendue li titoli di S. Gio. Battista e di S. Martino sino verso il finire dello scroso secolo, dopo il quale tempo al solo presente titolo di S. Gio. Battista si restrinsero.

Nè per questo cessò di sussistere la Chiesa di S. Martino di Quinzano, la quale fu nel primiero stato conservata, e si serba tuttora.

E' questa di lunghezza piedi 25 di Bologna, ( vedi nota a) larga 12 ed ha due soli altari, il maggiore dedicato a S. Martino, ed il minore alla B. V. del Carmine, nella quale fu canonicamente eretta sino dalli 7 Settembre 1604 la Compagnia sotto tale invocazione.

Vuolsi dagli stessi Campioni raccogliere essere stata la Chiesa di S. Gio. Battista di Scanello nelli antichi tempi di giuspatronato della celebre e potente famiglia de' "Lojani", ma  dal 1543 fu tale diritto devoluto alla Mensa Arcivescovile di Bologna, che tutt'ora conserva.

Era la Chiesa di S. Gio. Battista sul mezzo del Secolo XVII ridotta in tale stato rovinoso, che inutile impresa sarebbe il tentare di restaurarla, anzichè nuovamente edificarla.

Ma non vennero meno in tale bisogno lo zelo di due benemeriti Parrochi D. Nicolò, e D. Camillo Panzacchi che la ressero un dopo l'altro per 86 anni, nè quello de' Parrocchiani.

Si pose mano all'opera di sua totale riedificazione che vide il suo compimento nel 1696.

Riuscì tale l'Edifizio che può dirsi una delle più grandi ed eleganti Chiese della parte montana della Provincia.

E' d'essa costrutta a volto e d'ordine Toscano con coro e sei Cappelle oltre la maggiore.

E' la di lei lunghezza di piedi cinquanta quattro, la larghezza piedi 18 l'altezza in proporzione.

Adorna il maggior Altare la Tavola rappresentante il divino Precursore S. Gio. Battista titolare della Chiesa, con Santa Lucia e l'Arcangelo Michele; opera insigne del celebre Bartolomeo Passerotti degnamente nominato il Tiziano della Scuola Bolognese, per quella parte di pittorica scienza che risguarda il ritrattare, ed a lui commesso a spese del Parroco e Parrocchiani nel 1575.

La prima cappella dalla parte del Vangelo è dedicata alla B. V.  del Rosario, sotto la di cui invocazione fu eretta l 12 Luglio 1626 la Compagnia di tal nome.

Oltrepassata la porta laterale della Chiesa la quale è attigua al suddetto altare, ritrovasi l'altra Cappella sacra alli Santi Sebastiano e Rocco.

Il quadro di questo altare era posto in un Oratorio a questi Santi eretto lontano 40 piedi dalla Chiesa nel 1631 a spese della Comune di Scanello, per essere andato esente il luogo dal contagio che infierì nel 1630.

Ma ridotto detto Oratorio in istato ruioso per frana del terreno ov'era imposto, venne atterrato, allorchè nel 1696 si ricostruisse la Parrocchiale.

Segue dalla stessa parte l'altra piccola cappella ove è situato il sacro fonte battesimale, diritto che venne a detta Chiesa concesso nella Visita pastorale dell'Eminentissimo Arcivescovo Cardinale Giacomo Boncompagni del 1 Settembre 1701.

Dalla parte dell'Epistole, poi la prima cappella è dedicata a san Biagio, ed è di ragione della famiglia Prosperi, la seconda alla Beata Vergine Assunta in Cielo e spetta alli Signori Panzacchi, la terza al SS. Crocefisso.

Corrisponde alla bellezza della Chiesa quella della Torre delle Campane che venne incominciata nel 1828 e sarebbe a desiderarsi che vi rispondesse pure la Canonica.

Esisteva anticamente nel Circondario di questa Parrocchia alla Valle un Oratorio dedicato alla B. V. Annunziata eretto a spese del Dotto. Guerrino dalla Valle, il quale con unita Casa e terreno legò con suo Testamento delli 27 Agosto 1620 preso a Rogito del Notaro Panzacchio Panzacchi a Reverendi Padri Minimi di S. Francesco di Paola con obbligo di dover quivi avere stanza.

Ma non potendo le rendite del fondo legato sopperire al necessario sostentamento di quei Padri che fossero colà spediti ad abitare, rinunciarono essi al Legato, per cui ricadde questo nel du lui Eredi; li quali non curando la conservazione di detto Oratorio, venne il medesimo ben presto a rovina.

Per lo che nella Visita Pastorale eseguita dal Cardinale Boncompagni nel 1701 venne soppresso, e lì di lui arredi, redditi ed obblighi di Messe ed altro, traslocati nella Parrocchiale.

Esisteva pure altro Oratorio sacro alli Santi Sebastiano e Rocco il quale fu, come superiormente si è detto, demolito per la Fabbrica della Chiesa nel 1696.

Al presente non ve ne hanno che due, e cioè quello di S. Martino già Parrocchia ed unito alla Chiesa di S. Gio. Battista, e l'altro di S. Giuseppe di Quinzano spettante alla Erede usufruttuaria Signora Maria Prati Vedova Simiani, e che fu edificato sui primi anni del Secolo XVIII od in quel torno.

La più distinta Villa di questo parrocchiale distretto appartiene a Monsieur Loup
Crederemmo di mancare al dovere se di quest'eccellente Elvetico non tenessimo discorso, avvisando che l'obbligo corra a chiunque intenda al pubblico bene, il manifestare quello che ad esempio di ben operare gli occorra.

Non sono molti anni ch'egli acquistò in Scanello un vasto tenimento, già retaggio di ricca famiglia bolognese.

Erano li terreni condotti qual suolsi o da fittajuoli, o da Castaldi di lontano Signore, che a solo solazzo in una stagione dell'anno piacesi di stare in Villa.

Era a credersi che una Tenuta di tal fatta, ed in tali condizioni venuta a mano di un uomo come si è il Sig. Loup, doveva cangiare di aspetto, ed avvenne.

Dissodare incolti terreni e porli ad adatta coltura, senzache ne venisse per la giacitura de' medesimi danno per alluvioni, moltiplicare le piantagioni, riattare, o di nuovo costruire e Case coloniche, e Stalle e Fienili, insomma riordinare tuttochè riguarda la rurale amministrazione furono le di lui prime imprese.

Rivolse quindi le di lui cure alla possibile agiatezza del contadino, quest'essere il più caro per esse.

Infatti difficilmente ti avverrà di rinvenire luoghi specialmente montani ove sia meglio il Contadino Albergato.

Questi non deve sotto un tal Signore palpitare all'infuriare di tempesta, o disperare della alimentazione dei propri figli per le messi perdute; poichè non ignora che il paterno soccorso del Padrona non sarà mai venirgli meno, e che nulla ha da temere tranne dell'innadempimento di suo dovere.

E poichè conveniva pure che rivolgesse il penisero anche a se stesso, non ommise di apparecchiarsi la propria villereccia abitazione.

In questa non vedi certamente quell'elegante e sfarzoso esterno aspetto, che ti presentano le signorili Ville del Contado bolognese, ma vedi nell'esterno una ammirabile semplicità, e nell'interno agiati compartimenti di quartieri, ne' quali regna la semplicità e la nettezza.

Ed a questo abitato adjetto ogni altro Edifizio che occorer può pei domestici usi a ricco e providente Signore.

E poichè disagevole era la Strada che da Lojano movendo portava alla di lui Villa, ed alla Chiesa Parrocchiale che le sta vicina, riattolla a modo, che più presto ti sembri di percorrere agiata Via di piano, di quello che camminare sulla vetta di un Appennino.

E ben sarebbe a desiderarsi che tutti i ricchi Proprietari un tale esempio seguissero, e che non a solo individuale diletto le loro Ville per giorni abitassero.

Vuolsi ancora accennare come qui pernotasse li 5 Maggio 1805 il Sommo Pontefice Pio Settimo reduce di Francia dopo di avere incoronato l'Imperatore dei Francesi.

Un marmoreo busto del Pontefice con sottoposta iscrizione ricorda l'avvenimento con queste parole:

PIO VII. PONT. MAX.
QUOD.
E . LUTETIA . PARISORUM . REDUX.
III . NON . MAJUS. A . MDCCCV .
IN . HIS . ARDIBUS . PERNOCTAVERIT .

Dista questa Parrocchia da Bologna miglia 21 e mezzo, e conta oltre 500 abitanti.

Dipende dal Plebanato di Barbarolo, e confina colla Abbadia di Barbarolo e colle Parrocchiale di Lojano, Gragnano, e di S. Benedetto del Querceto.

La regge il Molto Reverendo Don Domenico Girondi degno Ecclesiastico, al quale si debbono gli ultimi ristauri fatti a detta Chiesa nel 1846.

E' sottoposta al Governo di Lojano.

 

(Il testo evinto dal Tomo III è firmato: Dott. Luigi Aureli)


 nota a - piede bolognese (circa 38 centimetri )

 

on 28 Agosto 2021

Visitatori

Abbiamo 3 visitatori e nessun utente online

Torna inizio pagina